sabato 17 febbraio 2018

Capitolo finale di A -S- Story: pubblicato!

Ciao a tutti da Rox.
Il titolo del post parla già da sé; sì, può sembrare un miracolo, ma: finalmente ho postato l'ultimo capitolo della mia fanfic su Slam Dunk!
Grazie di cuore a tutti quelli che l'hanno seguita; spero che il finale vi piacerà!


Quanto ai lettori in generale del blog, grazie di cuore anche voi per essere ancora qui nonostante non vengano pubblicati post da mesi.
Vi avevo parlato di metterne su uno riguardo il finale di Uragiri, ma purtroppo non ho ancora avuto modo di leggerlo.


Grazie ancora una volta a tutti, comunque, per essere qui, e: buon week-end!



Rox

domenica 20 agosto 2017

Uraboku: - 2 Volumi e la storia si conclude!

Ciao di nuovo da Rox.
Ebbene sì: la sconvolgente notizia che Uraboku stia ormai per giungere al termine, purtroppo è vera!
Clo ed io non riusciamo ancora a crederci e siamo decisamente scioccate. Ma, è così; un manga che stava entrando or ora nel vivo della sua trama e che per le sue potenzialità poteva durare (e soprattutto: sarebbe dovuto durare) ancora moltissimi volumi, verrà chiuso tra soli due.
Io e la mia socia ci siamo chieste (e ci chiediamo tuttora) come sia possibile concludere bene e in modo appropriato una storia del genere in soli pochi capitoli.
Personalmente, sono molto scettica su una degna conclusione di questo manga. Non riesco ad immaginare come una storia così complessa, con tante sotto trame e moltissimi personaggi, possa trovare la sua fine in soli altri due volumetti.
Non so voi, ma dall'ultimo che avevo letto (il numero undici), avevo avuto la sensazione che le cose addirittura si stessero infittendo. Soprattutto, con l'entrata in scena del nuovo, sospetto personaggio.
Invece adesso veniamo a sapere, che la storia sta addirittura per giungere al termine...
Mah, mi sa tanto di: 'mi sono scocciata e quindi la pianto qui' da parte dell'autrice, piuttosto che di una vera, reale conclusione.
Comunque, staremo a vedere.
Clo mi ha fatto sapere che il volumetto dodici dovrebbe uscire a novembre.
Io lo leggerò di sicuro. E se non vi farò la mia recensione allora, di certo ve la farò quando la storia sarà terminata. Perché, davvero, non so cosa aspettarmi...
Tenendo le dita incrociate per un finale perlomeno decente, io per ora vi saluto.

Ciao a tutti e, alla prossima!


Rox

News: Penultimo capitolo della mia fic su Slam Dunk ora online!

Ciao a voi da Rox!
Il titolo del post dice già tutto.
Sì, è proprio vero; il penultimo episodio della mia fanfiction su Slam Dunk, è finalmente online!
Eheh, ho la sensazione che qualcuno leggendolo rimarrà sconvolto. Ma, per sapere davvero e fino in fondo come andrà a finire tra Rei e Hisa, dovrete giungere proprio fino all'ultimo rigo dell'ultimo capitolo di questa storia, che, spero di postare prima che passino altri due mesi e mezzo.
Ok, e con questo non mi rimane che augurare a tutti quelli che vorranno leggere il nuovo episodio: buona lettura!
A tra poco invece, per una notizia/post su un manga di cui qui sul blog abbiamo spesso parlato ; )


Rox

sabato 3 giugno 2017

Infofanfic: Capitolo 21, Pubblicato!



Ciao a tutti da Rox :)


Eccomi di nuovo tra voi, per comunicare ai lettori della mia fic su Slam Dunk che il nuovo, lunghissimo capitolo adesso è finalmente online!
Siamo davvero vicinissimi alla fine, ormai. Questa storia dovrebbe concludersi infatti tra uno massimo due episodi.
Tutto dipende da come deciderò di dividere lo scritto.
Ma il prossimo che butterò giù, che sia diviso in due parti o in una sola, sarà comunque il capitolo finale che concluderà la fanfiction.
Attendendo la fine quindi, non mi resta che augurare a tutti quelli che seguono la mia storia: una buonissima lettura!
Spero che la corposità del capitolo 21 vi ripaghi dell'attesa di più di due mesi ; )
Grazie come sempre per la vostra fedeltà, e grazie di cuore a tutti i seguaci del blog per lo stesso motivo.
Prometto che appena avrò tempo e materiale, pubblicherò finalmente un vero e proprio post su anime&manga.

Con ciò, a me non resta che salutare e augurare a tutti un fantastico week-end!
Ciao e, alla prossima!


Rox







venerdì 31 marzo 2017

E di nuovo io again^^






E niente, dovevo davvero troppo troppo scrivere
qualcosa anche sull’OtaBear
perché è un patato dolcino-dolcino da proteggere e amare
e dal quale farsi coccolare e spupazzar…ahehm … couf couf …
Sì, dicevamo?
Ah, ok! Ci sono.
Non ho volutamente messo da parte di chi è il pov
perché ognuno si senta libero di immaginarsi chi preferisce,
anche sé medesima se può  far piacere.
(Sì, ok lo ammetto: è perchè sono una Pliroy shipper e una Pliroy writer,
quindi la mia mente ha qualche difficoltà all'idea di aver potuto scrivere, forse, una Otayurio lol)




Free



Aver qualcuno che crede in te, che tu possa farcela sempre, non è una cosa da tutti.
Qualcuno che ti infonda la certezza che tu possa farcela ma che con questa convinzione non si stia riferendo ad un risultato riconosciuto dalle masse. No, semplicemente va oltre. Si riferisce alla tua crescita, a quel renderti più forte, che ti permetterà di non inciampare più in quegli ostacoli che a volte la vita ti mette sul cammino.
Come se non bastasse la sua mano sempre pronta ad afferrarti quell’attimo prima di inciampare ed evitarti, così, di cadere.

L’impetuosità con la quale è entrato nella tua vita, ancora non l’hai compresa; solo un giorno ecco che hai capito che non ne potevi più fare a meno, che sapere che lui era là era diventato un po’ come l’atto respiratorio. Spontaneo e naturale. Nonché vitale.
Hai imparato che la potenza sa avere dentro di sé una dolcezza e una morbidezza unica che, proprio perché inattesa, sa sorprendere ancora di più. E conquistare.
Hai imparato che non è un modo di dire che a volte sono i gesti a valere più di mille parole. Gli sguardi. Quello sguardo che neppure sai com’è in grado di modulare, che esprime così tante cose. Con quella punta di dolcezza quasi timida, quasi uno squarcio sulla tela che ti fa veder oltre, dentro di lui. E quante volte la tentazione di allungare una mano verso quello sguardo, quasi a volerlo imprimere sul palmo, a rapirlo e tenerlo sempre con te, nei momenti in cui lui non c’è.
Perché quello sguardo è protezione. È affetto. È unicità.
Come quando ti appoggia la giacca sulle spalle ancora prima che tu senta freddo.
Come ti sta coprendo con la coperta anche adesso, quando l’intorpidimento del sonno, mentre siete seduti sul divano, con la testa che ti cade a penzoloni sulla sua spalla, si sta facendo strada in te in maniera impietosa.
Quando senti che il calore che ti sta fasciando, ancora prima di essere quello della coperta, è di un braccio che ti sta avvolgendo le spalle.
Quando percepisci che il battito cardiaco che ti sta cullando non è il tuo.

- Dormi? – ti sussurra e tu mugoli qualcosa in risposta perché semplicemente hai il terrore che anche un singolo respiro possa rovinare la magia di quel momento, reso ancora più magico proprio dalla semplicità della situazione.
E se fino a qualche istante prima il fatto che la strettezza del divano ti aveva fatto sussultare il cuore e fargli fare innumerevoli capriole perché in quello spazio angusto le vostre spalle, le vostre ginocchia si sfioravano e allora avevi quasi cercato di rimpicciolirti col timore di dargli fastidio, ecco che ora addirittura ti fai scivolare giù fino ad appoggiargli la testa sul petto e bearti di quel calore.

Come poco prima, quando eravate sulla banchina della stazione e continuavate a far arrivare e partire ogni tuo convoglio, perché nessuno dei due si decideva a permetter all’altro di andar via e lui ti aveva visto aver continui brividi di freddo, testimoniati anche dalle nuvolette ghiacchiate che uscivano dalle vostre bocche. Ti aveva studiato per un attimo piegando la testa di lato e sussurrandoti poi, con una voce da brivido, Hai freddo, e ti aveva attirato a sé dopo essersi sbottonato la giacca per accoglierti e trasmetterti il calore direttamente del suo corpo.
Avevi sgranato per un istante gli occhi, ma subito ecco l’accoccolarsi con gratitudine, crogiolandosi in quella stretta calda e sicura, intrecciando le braccia sulla schiena del tuo cavaliere.
Quel tuo cavaliere dalle poche parole ma dai mille gesti.
- Grazie … - avevi bisbigliato appena, valutando che un cuore solo era troppo poco per contenere tanta emozione. Era tutto così perfetto che avevi temuto, anche solo respirando, di veder frantumare il tutto come un bicchiere di cristallo. Come lui ti stava accarezzando la schiena, come ti aveva posato un lieve bacio, appena sfiorato, tra i capelli, come ti aveva stretto maggiormente a sé l’attimo immediatamente successivo, e tu non avevi potuto far altro che affondare la testa sull’incavo della sua spalla, sapendo per certo che il suo volto stava passando ogni gradazione del rosso per l’audacia di quel gesto. Come il tuo viso, del resto.
E i treni lasciati arrivare e partire erano divenuti tre e, alla fine, anche l’ultimo se n’era uscito pigramente dalla stazione senza averti al suo interno.

Ecco perché ora ti trovi sul divano del suo piccolo appartamentino e ti senti sollevare da quelle braccia così forti e, nuovamente, poggi la testa sulla sua spalla, inspirandone piano il profumo della sua pelle.
- Dove andiamo? – biascichi, nell’intorpidimento del sonno.
- Ti porto a dormire. – ridacchia piano, mentre apre la porta della camera con una lieve spinta della punta del piede e ti poggia con cura estrema sul letto, dopo averti rimboccato le coperte e averti mormorato un Buonanotte.
Ti lasci andare ad un piccolo sospiro ma quando senti che si allontana e lo vedi recuperare delle coperte per sé, per andar a dormir sul divano, ecco che quando ti passa nuovamente a fianco per posarti, speri, un piccolo bacio della buonanotte sulla fronte, lo blocchi, afferrandolo per i lembi della felpa.
- Beka? – lo chiami.
Hai imparato così presto a chiamarlo col suo nomignolo.
Hai imparato così presto a fidarti di lui, come mai prima in vita tua. Ma non per ingenuità.

E Otabek ti ricambia lo sguardo ma tu continui a tacere. L’imbarazzo della richiesta che hai sulla punta della lingua - per voi che non vi siete ancora baciati, troppo goffamente imbranati tutti e due, che state ancora varcando quel confine che vi separa dall’essere molto più di semplici amici - è davvero tanto; e ti limiti a guardarlo, mordicchiandoti il labbro inferiore.
- Dimmi. – ti invita lui con calma, senza fretta.
E in quell’unica parola c’è tutto. Ciò che Otabek  ti trasmette. Che va sempre tutto bene, che non servono grandi discorsi per capirvi, perché il silenzio con lui non pesa mai. E quel sollevarsi lieve del labbro che lo fa sorridere appena, e che gli forma una piccola fossetta sulla guancia sinistra, è qualcosa da proteggere. E di speciale, perché così raro.
- Dormiamo insieme? – ce la fai a chiedere alla fine, e attendi.
- Certo. – è la risposta e allora, al colmo di una felicità che ti riempie completamente il cuore ed è in grado di scacciar via ogni malinconia, gli fai spazio nell’angusto lettino, forse davvero troppo piccolo per due persone. Poco male, pensi, vorrà dire che non avrai nessuna scusa per non potergli stare addosso.
Le sue braccia, ancora una volta, ti circondano mentre siete distesi di fronte e riprendete a parlare tra di voi, ridacchiando piano, quasi abbiate paura di svegliare chissà chi, mentre volete semplicemente tenere quei momenti solo per voi due.
È divertente da stuzzicare e prendere amorevolmente in giro uno come Otabek, perché – pare – non scomporsi mai e quando se ne esce con quelle piccole risatine gutturali, beh: ecco che davvero il cuore fa una capriola.

- Cosa ci trovi in una persona come me? – proferisci ad un certo punto, a bassa voce.
Sgrana gli occhi, Otabek, interdetto, per poi sorriderti dolcemente.
- Chi è l’idiota adesso qui? – e di nuovo quel piccolo sorriso appena accennato.
- Io non ho niente da offrirti. – prosegui, quasi tristemente, fissandolo dritto negli occhi ed è allora che lui, ritornato serio, ti prende il volto tra le mani e il bacio che ne segue, lieve, appena sfiorato, sa proprio di Otabek e del suo modo d’essere, pregno di tutte quelle che sono le sue peculiarità.
La determinazione, il coraggio, la risolutezza ma anche la delicatezza, la sua ruvida dolcezza. Ed un bacio che dura veramente la frazione di un battito di ciglia ma che ti ha dato ogni risposta.
– Mi permetterai di scaldare il tuo cuore? – ti chiede, rosso in viso da far una tenerezza assurda, ma continua a tener lo sguardo fisso su di te, valoroso.
- L’hai già scaldato, idiota! – lo ammonisci, pur conservando una dose di dolcezza nel tono, mentre ricerchi una sua mano e la fai intrecciare alla tua.

Ora davvero quel letto così stretto è il vostro Paradiso in terra.


FINE


Adovo e adovo l'OtaBear, se non si fosse capito dall'esaltazione che ne faccio in sta os^^

Clau

Sempre io^^





Mini oneshotina dove il Leoncino
è geloso del suo Tigrottino
a causa dell’Orsacchiotto.
Che bell’introduzione ^^’,
sembra di parlare del Bosco dei Cento Acri,
ma dettagli …



Prova di amicizia … o di incoscienza?
Ovvero …

… di come certi orsi non dovrebbero mai abbassar la guardia di fronte a certi leoni



- Hai marchiato il territorio, eh? – proferì Yuri divertito, ancora col respiro ansante, mentre posava delle carezze sui solchi che gli aveva lasciato sulle spalle, dove gli aveva conficcato le unghie un istante prima, nel momento in cui aveva raggiunto l’apice del piacere - Dovrei dirti più spesso che esco con Beka, se questo è il risultato. –

Gliel’aveva detto scherzando, con un tono che non nascondeva minimamente né la dolcezza né la complicità di quelle parole, ma JJ non aveva colto né l’una né l’altra.
Si sollevò dal corpo di Yuri issandosi sulle braccia, con un’espressione serissima ed enigmatica in volto che cancellò il lieve sorriso di Yuri dalle labbra. Scivolò fuori da lui senza dire una parola, sempre fissandolo, velocemente. Troppo velocemente, in quel modo che fece sentire Yuri abbandonato. Nessuna solita scarica di bacini sul volto, fino a quando non lo minacciava di prenderlo a testate, nessun ghignetto strafottente con conseguente battutina scema, nessun nomignolo. Scivolò semplicemente fuori da lui, per poi alzarsi dal letto, recuperare la tuta da terra ed uscire dalla camera.
Yuri si ritrovò a fissare il soffitto per un istante, attonito, sentendo un freddo assurdo ora che il corpo del suo compagno non c’era più.
Ma che … che aveva detto?, si ritrovò a chiedersi, mentre si metteva a sedere a sua volta, abbozzolandosi nella coperta.
- J.? – chiamò una volta, incredulo.
- Jean? – ci riprovò a voce più alta, confuso. Ma nessuna risposta arrivò.

A JJ non piaceva quel proprio comportamento. Quell’essere così stupidamente geloso di quei due.
Certo, la distanza delle loro rispettive città e il fatto che potessero passare intere settimane senza vedersi, non era di certo d’aiuto, ma restava il fatto che razionalmente capiva che quelli erano dei pensieri e delle paure pleonastiche. Perché lui si fidava ciecamente di Yuri. (E ci sarebbe mancato anche altro, dopo un anno e mezzo che stavano insieme!) E anche, e soprattutto, di Otabek.
Era invidioso, ecco! Invidioso del loro rapporto. Nel quale non poteva entrare. O meglio, non voleva entrarci. Molte volte i due gli avevano proposto di unirsi a loro, in particolar modo Otabek. Perché, se Yuri era tutto elettrizzato e felice dall’idea di incontrarsi con quello che, dopo due anni di conoscenza, poteva esser certo di definire il suo migliore amico, ecco che Otabek aveva percepito da un pezzo il turbamento di JJ. Per questo voleva che Jean avesse accesso nel loro rapporto di amicizia. Più che altro perché percepiva, di per contro, che fosse come se Jean stesso – inconsciamente – non volesse farlo entrare nel suo palazzo di cristallo, quasi lo percepisse come una minaccia. E Otabek non poteva che dispiacersene. Perché voleva fargli capire che da lui non aveva niente da temere. Che non era la crepa che avrebbe portato a frantumare quel palazzo.

Sospirò affranto, JJ, buttando fuori l’aria rumorosamente, appoggiando le braccia alla balaustra della terrazza, dov’era uscito, lasciandosi accarezzare il volto da una leggera brezza tardo pomeridiana. Non si sopportava quando faceva così e la piega delle labbra, solitamente sempre curvata verso l’alto, prese un’increspatura amara. Non ce l’aveva minimamente con Yuri, ma solo ed esclusivamente con se stesso.
Quando, solo mezz’ora prima, dopo esser rientrato in camera ad annunciare al suo innamorato che il sonnellino pomeridiano post allenamento rischiava di tramutarsi direttamente in un letargo e l’aveva trovato seduto sul letto a gambe incrociate, mentre smanettava col cellulare e si era voltato verso di lui con un sorriso a trentaduemila denti, annunciandogli un felicissimo, quanto candido, Beka è qui in centro a San Pietroburgo, ecco che lui non ci aveva più visto. Era salito sul letto, strappandogli di mano il cellulare e gettandolo sul comodino di fianco, per poi impossessarsi delle sue labbra in maniera a dir poco famelica. Cosa che non era dispiaciuta per niente a Yuri, anzi! Gli piaceva quelle volte in cui Jean faceva l’amore con lui in modo quasi selvaggio, senza tanti convenevoli. Lo faceva sentire desiderato e amato come mai in vita sua. Per questo se n’era uscito con quella frase scherzosa alla fine dell’amplesso.

Peccato che JJ non avesse colto, stava pensando ancora affranto il biondo, sbuffando appena.
Non avevano avuto modo di parlare prima che lui uscisse per raggiungere Otabek nella solita pasticceria all’angolo. Oltretutto, non sapeva neanche come gestirlo un JJ serio e, forse, arrabbiato. Jean non era uno che litigava, nemmeno quando era lui ad arruffare il pelo, perché ecco che il canadese gli faceva i grattini dietro le orecchie e lo ammansiva sempre. Non era nemmeno uno che stava serio e silenzioso, quindi davvero improponibile. Yuri se n’era uscito praticamente in punta dei piedi dopo averlo salutato, aspettandosi almeno un ciao micetto, ma niente.
Buttò nuovamente fuori l’aria rumorosamente, facendo penzolare il cucchiaio che teneva tra i denti.
- … ra? Yura? –
La voce calda e avvolgente di Otabek lo risvegliò.
- Oh … - proferì smarrito, riportando l’attenzione sul volto dell’amico – Scusami Beka. –
- Che succede Yura? Avete litigato? –
Come sempre, Otabek era andato diretto al punto. E senza tanti giri di parole. Cosa che indubbiamente Yuri apprezzava molto.
- JJ non è uno che litiga, lo sai. – ridacchiò, suscitando una piccola risatina roca anche nell’altro, per poi farsi serio nel momento in cui si appoggiò allo schienale della sedia.
- Non so Beka, ecco … come dire? –
Ok, Otabek era il suo miglior amico, ma sarebbe stato oltremodo imbarazzante iniziare il filo dei suoi pensieri partendo dal modo in cui Jean l’aveva preso dopo che lui gli aveva detto che si sarebbero visti. Come se il rossore che gli salì alle guance non fosse inequivocabile. Per sua fortuna, Otabek aveva imparato a interpretare anche ogni suo minimo movimento sopraccigliare e con lo sguardo lo invitò a proseguire.
- Io non capisco perché sia geloso di noi due. – disse, allargando le braccia e con tono sconforto – Cioè, non ne ha motivo. Io non lo tradirei mai. E nemmeno tu lo faresti! – esclamò quasi esasperato, indicandolo, enfatizzando la questione con l’incredulità nel tono della voce.
- Ma lo sa. Lo sa benissimo questo, Yura, non ti devi preoccupare. – lo tranquillizzò Otabek, mantenendosi perfettamente calmo e imperturbabile come al suo solito.
- E allora perché? – proseguì l’altro, grugnendo e sbuffando, molto probabilmente anche imprecando. E qui entravano in ballo quei due anni in più che Otabek aveva rispetto all’amico, perché capiva perfettamente quale fosse il turbamento di JJ.
- Gli abbiamo proposto anche un sacco di volte di uscire con noi! – centrò quasi il punto anche il biondo, facendolo sorridere appena. – Che il nostro non è un rapporto esclusivo dal quale vogliamo escluderlo. -
- Forse, più che proporglielo, dovremmo imporglielo. - concluse con un’epsressione divertita Otabek.


JJ, ancora meditabondo, se ne stava in piedi, in cucina del piccolo appartamento di Yuri, mentre stava pigramente giocherellando con Minù, spostando velocemente un dito sul bancone che fungeva da tavolo, dove la gattina prontamente saltava, quando sentì aprirsi la porta.
Gettò un’occhiata all’orologio alla parete di fronte a lui, per poi voltarsi verso la porta d’ingresso.
- Tigrottino, sei già a cas … - ma non finì la frase quando vide i due entrare, pieni di sacchetti di carta del take away cinese che si trovava sotto casa.
- Dai Leroy, muovi il culo! Prepara la tavola.  – proferì divertito Yuri, felice di aver due tra le persone a lui più care lì insieme a lui, ma l’inarcata di sopracciglio che gli lanciò Otabek, gli fece virare la tonalità della voce. Devi viziarlo un po’ di più, Yura. E rassicurarlo, gli aveva detto Otabek, e se ne ricordò in quel momento.  – Per favore … - aggiunse quindi.
Dal canto suo, JJ li fissava attonito, mentre Yuri continuava a tirar fuori dalle buste di carta contenitori di cibo che sarebbero bastati a sfamar un esercito.
- Pollo alle mandorle per te. Spaghetti al curry per te. Zuppa di miso per te. Ravioli alla griglia per te … - continuava a mettergli davanti pile intere di cibo, tutto felice, mentre continuava a ricercare il suo sguardo con autentico candore come a voler trovar conferma nei suoi occhi cerulei che andava tutto bene, che non era arrabbiato con lui.
E vederlo così contento, con le guanciotte tutte rosse, Dio che colpo basso. Quando vedeva in Yuri quell’espressione così distesa, senza filtri, dove si poteva scorgere tutta la genuinità dei suoi sani diciotto anni, senza nessun tipo di incazzatura perenne a solcargli il volto, era come se Yuri entrasse a gamba tesa in lui. Un colpo basso. Indubbiamente.
E l’abbraccio che ne seguì fu inevitabile.
- Scusami micetto. – gli sussurrò ad un orecchio.
- È … è tutto ok … - ribatté, rossissimo in viso – E, Jean: mi stai soffocando. – tentò di replicare, mentre gli faceva patpat sulla schiena. Era sempre così difficile, strano, per lui - anche se col tempo stava indubbiamente migliorando - gestire quegli slanci di affettuosità da parte del proprio compagno. Ecco perchè con Otabek andava estremamente d’accordo. Nessuno dei due si poteva definire fisico. Comunicavano in altro modo il loro affetto. Al massimo con una stretta di mano al momento dei saluti.
Per questo a Otabek quasi prese un coccolone quando si ritrovò risucchiato a forza in quell’abbraccio di gruppo - dopo che Jean l’aveva recuperato per il bavero del maglione – con le braccia paralizzate, mentre cercava di capire quale fosse il modo migliore per ricambiare l’abbraccio, dopo che aveva rischiato di finire a stampo sulla bocca di JJ con la propria.
Alla fine, anche lui – come Yuri – optò per un sano e pacato patpat sulla schiena del canadese. Il massimo che questi potesse pretendere da loro due. Non lo facevano apposta, semplicemente non era nella loro natura, né tantomeno erano mai stati abituati.


- È stata una tua idea, vero? – ruppe il silenzio JJ, nel momento in cui Otabek gli stava passando l’ultimo bicchiere da asciugare dopo averlo lavato, mentre Yuri aveva portato Minù nel piccolo giardinetto condominale a sgranchirsi le zampe, una volta che la cena fu finita.
- Hum? Nahhh. Io ho solo lanciato l’amo, il resto l’ha fatto tutto Yura. A partire dai tuoi piatti preferiti al cinese. Non la smetteva più di ordinare. – e ricordò quel particolare con una piccola risatina, mentre recuperava lo strofinaccio pulito che JJ gli stava passando per potersi asciugar le mani.
- Beh, in ogni caso … grazie … - Jean si grattò la nuca, imbarazzato come raramente capitava in vita sua, dato che solitamente lo salvava sempre la sua faccia di bronzo.
- Io non dubito di voi due, sia chiaro. – riprese a parlare dopo un po’.
- Lo so. – ribatté l’altro, senza battere ciglio, ritornando alla sua solita espressione indecifrabile.
- È che … - non sapeva bene neanche lui cosa.
- … ti dà fastidio perchè pensi che ti stiamo escludendo e che ci vogliamo bene senza di te. – fu la diagnosi lapidaria e diretta di Otabek, resa ancora più lapidaria dal tono e l’espressione monocorde con la quale era stata pronunciata.
JJ lo fissò con sguardo confuso, alzando l’indice come a voler sollevare un’obiezione, con la bocca aperta per la sorpresa, per poi richiuderla nuovamente e zittirsi.
Miracoli di Otabek Altin, esser in grado di zittire uno come Jean Jacques Leroy, che accolse sportivamente la sconfitta scoppiando in una sonora risata.
- Sei inquietante, Otabek. – proferì ridendo.
- In che senso? –
- Sei in grado di leggere dentro alle persone in modo veramente spaventoso. – sorrisino.
- Forse tu non ti sei reso conto che hai una psicologia spiccia e da manuale. Non serve aver fatto chissà che studi di psicologia comportamentale per essere in grado di capirti. – fu la replica imperturbabile di Otabek, che si era appoggiato al muro alle sue spalle, incrociando le braccia al petto.
Se la faccia di JJ fosse stata quella di un manga, di sicuro – a quelle parole – si sarebbe frantumata in mille pezzi. Così come il suo sorrisino.
- Impertinente di un kazako sfrontato. - masticò in francese, divertito tuttavia.
- Yura ha imparato che permettersi di voler bene agli altri, esser innamorato di te, non lo rende più vulnerabile e attaccabile; e adesso è come se stesse distribuendo quell’affetto che ha sempre negato a se stesso, anche di possedere. Certo, alla chetichella e a modo suo ma non è che il bene di Yura sia quantitativamente limitato, non toglie a te per dare a me. Nemmeno gli permetterei di farlo. – continuò Otabek, guardandolo dritto negli occhi, a fargli intendere che lui non lo voleva escludere.
E qui JJ vide che poteva prendersi la sua rivincita. Emise un piccolo fischio di ammirazione, mentre il solito ghigno strafottente gli si dipingeva in volto.
- Quindi stai dicendo, e correggimi se sbaglio, che tu un po’ di bene me ne vuoi? Un po’ almeno. – e indicò la quantità tra indice e pollice della mano sinistra.
A quelle parole, Otabek si irrigidì diventando rossissimo in viso, imbarazzato. Per non parlare del fatto che l’altro, infingardo, si staccò dalla parete e poggiò una mano sul muro all’altezza del suo volto, dopo essersi avvicinato a lui.
- I-io … non ho detto … - tentò di parlare, incespicando miseramente nelle sue stesse parole. Ok, doveva ammettere che JJ sapeva comunque essere imprevedibile a volte.
E come una volta, tempo addietro, lui aveva salvato Yuri da una situazione di scomodo, con le sue ammiratrici barra stalker, ecco che stavolta fu il turno di Yuri di salvare Otabek, rientrando a casa.
- Di che state parlando voi due? – chiese perplesso, fissandoli mentre si toglieva la lunga sciarpa verde nella quale si era infagottato per scendere.
- Di quanto bene mi voglia Otabek. – ghignò Jean, divertito. Ovviamente felice di aver avuto l’ultima parola ed essersi preso la sua rivincita.
- HAH?! –
- No, Yura … io non ho mai detto che … - continuava a spostare lo sguardo ora all’uno ora all’altro, sempre più in imbarazzo.
- Ma come, Beka? Così mi spezzi il cuore. – JJ si portò teatralmente una mano sul petto, fingendosi terribilmente affranto.
- Jean Jacques Leroy, piantala di fare l’idiota! –
Ed erano cazzi quando Yuri lo chiamava non solo per nome, secondo nome ma anche per cognome.
Il biondo si intrufolò nell’angusto spazio creato dai loro corpi, piantandosi davanti al proprio ragazzo, minacciandolo con un dito puntato sul petto ed espressione serissima in volto, in difesa dell’amico, ma non resistendo serio per più di una manciata di secondi.
E quale suono meraviglioso per le orecchie degli altri due la risata fresca e serena di Yuri, e Jean non poté far altro che afferrarlo delicatamente per i fianchi, attirandolo a sé e iniziare a scaricargli una serie propottini sul volto.
- Ahh-h, J., scollati! – tentò di sgusciare dalla presa Yuri, piantandogli una mano in piena faccia, senza successo tuttavia, per poi sussurrargli un diverto Sei un idiota, lo sai? all’orecchio.
- Sì, il tuo idiota. – replicò con dolcezza JJ, carezzandogli una guancia con le nocche e guardandolo in volto con uno sguardo dal quale traspariva tutto il suo amore, che fece arrossire Yuri fin sulla punta delle orecchie.
- Scusate, io sarei qui dietro eh. Prendetevi una stanza se proprio dovete. –
- Scusa … - mormorano entrambi mortificati, mollando immediatamente la presa, quasi fossero stati due scolaretti, colti in flagranza di reato.
Otabek li fissò stranito.
- Era una battuta la mia. – dovette dire alla fine, inarcando un sopracciglio, perplesso dal fatto che nessuno dei due avesse colto la sua ironia.
E visto l’impegno che Otabek ci aveva messo per fare una battuta, nessuno dei due ebbe cuore di dirgli che magari avrebbe dovuto esercitarsi un po’ di più sul modo di sorridere, tanto da non farlo sembrar pronto ad andare a uccidere Batman*.
Oppure che puntasse tutto sulla sua aria di bel tenebroso misterioso.


FINE


*Cit. The Big Bang Theory. Leonard Vs. Sheldon che tenta di sorridere: “Sheldon, stiamo andando a salutare Raj, non a uccidere Batman”, in riferimento al ghigno di Joker

Altra Flash YoI^^


Altra  flash.
Yes, of course: 
altra Pliroy





ただいま*



In aereo non era riuscito a dormir praticamente niente.
E, oltretutto, adesso aveva anche il trauma che a Montreal fosse ancora mattina, quando ogni fibra del suo corpo – e dei suoi ritmi circadiani - reclamava insistentemente la quietezza e il tepore della notte.
Non sarebbe sopravvissuto, pensò, nel momento in cui – ritirata la propria valigia al nastro – si diresse verso le porte scorrevoli, ignorando il cellulare che continuava a vibrare nella tasca dei suoi pantaloni. Era all’incirca il millesimo messaggio che JJ gli mandava, dove gli faceva la telecronaca dei suoi spostamenti minuto per minuto.

The King of my heart (e, no: non era stato lui a salvarlo con quello stupido nomignolo ma il diretto interessato e lui non erano stato più capace di modificarlo): Sono al semaforo

The King of my heart: Sono all’aeroporto J

The King of my heart: Mi sei mancato tantissimo <3 o:p="">

The King of my heart: Non vedo l’ora di rivederti *sfilza di cuoricini*

The King of my heart: Ho preparato i pirozhki per pranzo  (brivido di terrore da parte di Yuri)

The King of my heart: Ti amo

The King of  my heart: Micetto?

The King of  my heart: Sto parcheggiando

The King of my heart: Ho parcheggiato

The King of my heart: Yuri T_T?


Aveva sorriso lievemente, mentre si tirava su il cappuccio della felpa - in quell’abitudine che non aveva mai perso negli anni – perché anche attraverso quei messaggi, quelle parole scritte, JJ gli trasmetteva quel senso di casa, di appartenenza, di calore …
Quel qualcosa di cui aveva un disperato bisogno nel momento stesso in cui, al gate di imbarco a San Pietroburgo, aveva salutato gli altri. E più il suo tono era scontroso e più il suo sguardo truce nel momento in cui Mila se lo stava spupazzando, più stava a significare quanto, in cuor suo, era triste e quanta fatica doveva fare per ricacciar indietro le lacrime.
Era sempre così, quel senso di malinconia assurda che lo assaliva nel momento del commiato, tra chi restava e chi andava. Oltretutto, questa volta c’era anche l’aggravante che quel volo l’avrebbe fatto da solo, e non con JJ.
Così c’era stato il trauma sia alla partenza dal Canada – e lasciare JJ per due settimane, che questa volta a causa del lancio di una sua nuova linea non aveva potuto seguirlo – sia adesso, al ritorno. Sì, perché – solitamente – si rannicchiava su quegli scomodi sedili degli aerei, troppo scomodi per le sue gambe ormai lunghe, per accoccolarsi sul petto di Jean, affondando il viso sull’incavo del suo collo a respirarne il suo odore così ben conosciuto, per rasserenarsi e lasciarsi coccolare dall’altro senza tanto protestare, chiuso in un silenzio dai mille significati.

Questa volta, però, questa sorta di rito calmante non c’era stato e, proprio per questo, si era ritrovato costretto a tenersi stretto-stretto il peluche di un tigrotto che gli avevano regalato i suoi cari al momento dei saluti, continuando a lanciare occhiate dai chiari intenti omicidi al bambino seduto davanti a lui che seguitava a girarsi, incuriosito sia da quel ventenne abbarbicato al suo pupazzo gigante, sia da quello stesso Tigro gigante e dall’aria così invitante.

Ovvio, era felicissimo di ritornare a casa dal suo innamorato, ma – al tempo stesso – era sempre così straziante lasciar quelli che erano altrettanto dei suoi affetti carissimi …
Era stato più o meno a metà dell’Oceano Atlantico, che Yurio si era asciugato l’ultima lacrima tirando su col naso, riguardando le foto che aveva scattato in quelle due settimane di permanenza in Russia ma anche quelle che lo ritraevano in compagnia di JJ e sorrise. Un primo piccolo, esile sorriso apparve sulle sue labbra. Quelle foto li ritraevano in tutta una serie di loro piccole quotidianità e, come ogni volta, quasi si stupì nel vedere come il suo volto fosse così sereno …
In particolar modo, si era soffermato su di una loro foto che li ritraeva distesi in divano, mentre lui scattava e Jean, un po’ a tradimento, un po’ per gioco, gli aveva schioccato un bacio a sorpresa sulla guancia fissando l’obiettivo.
Aveva accarezzato il display del telefono, sospirando.
Stava tornando a casa …


Il telefono vibrò per l’ennesima volta, e lui lo ignorò.
Se solo non l’avesse fatto …

Se solo non l’avesse fatto sarebbe stato pronto allo spettacolo che gli apparve agli occhi quando oltrepassò le porte a vetri che separavano la zona degli arrivi all’area dove si raccoglievano coloro i quali erano andati a prendere i loro cari.
Rimase pietrificato, togliendosi i Ray-Ban scuri per esser certo di aver visto giusto, fermo là come uno stoccafisso, Tigro sottobraccio.
- J … JJ … d-dimmi che non è vero … - sussurrò attonito.

Sì, perché il suo fiancè, aveva avuto la geniale idea di andarlo a prender in aeroporto con uno di quei vestiti da carnevale, tutti d’un pezzo e di peluche, che lo ritraevano nelle fattezze di un leone. Un leone alto un metro e ottanta, che si stava sbracciando tutto felice, con tanto di cartello in mano con su scritto il suo nome e vari disegni stilizzati del suo volto, in formato di gattino ovviamente.
Prima di iniziare ad insultarlo, abbassò per un istante il volto, per ricacciar indietro la risatina che gli saliva alla gola. Erano queste le cose che lo avevano fatto innamorare di JJ. Quelle piccole accortezze nei suoi confronti, che lo facevano sentir sempre così speciale …
Perché sapeva, Jean, quanto triste era per il suo piccolo tigrottino lasciar la sua terra natia ogni volta, e volevo farlo sentir subito a casa.

- Sei imbarazzante, smettila! – gli ringhiò contro Yuri, nel momento in cui lo prese per una manica, rossissimo in volto, lo trascinò via a forza dalla folla – Ci stanno guardando tutti. –
- Ci stanno facendo anche delle foto, se è per questo. – pensò bene di rincarar la dose JJ, che iniziò a fare ciao ciao con la manina in direzione di quelle fotografie.
- HAH?! – fu la sua replica sconvolta, mentre continuava la sua cacciata.
- Yuri, amore, te l’avevo scritto sul messaggio che ero quello vestito da leone, se non mi avessi visto. – ridacchiò, abbracciandolo da dietro e poggiandogli il mento sulla spalla, nel momento in cui si trovavano davanti alle porte ancora chiuse dell’ascensore, nel silenzio di quel piccolo antro.
Il biondo poggiò le mani sulle sue, socchiudendo gli occhi.
- Mi sei mancato … Tanto … - sussurrò appena, piegando di poco il volto, per poter strofinare la punta del naso sulla guancia di JJ.
- Bentornato. – replicò Jean, posandogli un bacio lieve sulle labbra.

- Tigrottino? –
- Sì? – quasi stava facendo le fusa, appagato e felice, con la schiena appoggiata al petto di JJ, che seguitava a tenerselo stretto stretto anche una volta saliti in ascensore.
- C’è anche il tuo vestito. Da micetto. – e già se la stava ridendo della grossa sotto i baffi.
- Muori! -

Era indubbiamente tornato a casa.


FINE

E niente, scritta sul treno di ritorno dal Cartoomics. Esperienza maGGica come sempre


Claud

*so benissimo che è giapponese ^^, ma il suo suono mi è sempre piaciuto fin dalla prima volta che l’ho sentito
ただい: Sono a casa

Happy Birthday Yurio



Questa oneshot l'ho scritta per il comply del mio Tigrottino adorato (del quale, al Cartoomics ho fatto anche il cosplay. Adovo)



Pliroy perché sì!
La Pliroy ha bisogno di più amore nel fandom



Nota tecnica che potrebbe anche farmi sembrare una persona seria:
la one-shot è ambientata quattro anni avanti rispetto all’anime
ed è divisa sostanzialmente in due parti.
La prima in cui si fa riferimento ad eventi passati,
la seconda che va riferimento al presente.


Occhio che è una R18, essendoci 
una parte rating rosso,
quindi se sapete che la cosa può turbarvi
o darvi fastidio, non continuate a leggere




простая улыбка*

-      Non sapremo mai ciò che può fare un semplice sorriso -




C'era da dire che JJ, la vita, gliel’aveva indubbiamente cambiata.

Quattro anni e mezzo prima, quando, sul secondo posto del podio dello Skate Canada, al suo debutto nella categoria dei Seniores, non aveva spostato neppure per un secondo lo sguardo alla sua sinistra, al gradino più alto proprio di quello stesso podio, dove si trovava lui.
Perché era il simbolo di una cocente sconfitta che gli aveva bruciato dentro come fuoco vivo, una ferita inflitta al suo orgoglio che ancora se la ricordava se ci pensava. Ma era stato proprio grazie a quel fuoco cocente, che si era spinto oltre a limiti che non sospettava – ad onor del vero – che si potessero superare. Ora, anni dopo, con un po’ di più maturità sulle spalle, con una sorta di ridimensionamento – più o meno – del suo ego, Yuri Plisetsky poteva dire che era stato proprio a causa di Jean Jacques Leroy che si era spinto oltre quei limiti che l’avevano portato a vincere l’oro al suo primo Grand Prix nella categoria dei Seniores.
Ma la vita non gliel’aveva cambiata solo in quel senso. No, indubbiamente no …


Non si poteva di certo dire che JJ fosse uno dotato di pazienza.
O perlomeno quando si trattava di dover aspettare che qualcuno si decidesse a prender una decisione, che lo riguardava in prima persona tra parentesi.
Eppure con Yuri, di pazienza, ne aveva avuta tanta. Quell’eterno non decidersi da parte del biondo, o meglio: esser recalcitrante. Più lui muoveva un passo verso l’altro, ecco che Yuri ne faceva due indietro. Semplicemente atterrito. E, ok: poteva anche capire la paura del giovane pattinatore, all’inizio, il non fidarsi di lui, a partire da quando gli si era dichiarato apertamente e in maniera forse un po’ diretta e lapidaria – Jean Jacques non era uno che ci girava tanto intorno ai discorsi -, ma non poteva davvero capirla mesi dopo.
E se la sarebbe ricordata per tutta la vita l’immagine di Yuri arrivato dopo una corsa disperata su per le scale, mentre lui stava per passare i controlli di routine per imbarcarsi sul volo che l’avrebbe riportato in Canada.
Resta! gli aveva urlato Yuri col fiatone, facendo girare tutta la gente in rigorosa fila proprio dietro di lui, in quella sonnacchiosa mattina, dove il sole non avrebbe di sicuro fatto capolino nel cielo plumbeo di San Pietroburgo.
E dire che era lui quello che adorava le entrate in scena teatrali, aveva pensato sorridendo appena, divertito. Sì, perché tutti si era girati, zittendosi all’istante.
Resta, aveva proferito nuovamente Yuri, ma stavolta quasi sussurandolo, rosso in volto ad aver tutti quegli occhi puntati addosso, abbassando per un secondo i suoi a terra, per poi riportarli sul suo volto. Titubante, perché sapeva che stavolta aveva tirato la corda. JJ gli aveva dato un ultimatum solo la sera prima.

- O mi dici chiaramente che vuoi che io resti, o me ne vado. Domani salgo su quel volo. –
Non l’aveva fatto per cattiveria, semplicemente era arrivato ad un punto di ritorno.
- O ‘sta cosa la tiriamo avanti insieme, oppure non se ne fa più niente. Non posso tirar avanti la carretta da solo per tutti e due. – gli aveva detto, mentre si trovavano sulla soglia della stanza di Yurio, dove l’aveva accompagnato dopo esser stati fuori a cenare insieme.
Ok, a lui piacevano le sfide e quel gattino impertinente e recalcitrante lo era stato indubbiamente. Sfondare quel muro di aggressività sorto solo ed esclusivamente per proteggersi - perché gettato troppo piccolo in un mondo che era come trovarsi su di una centrifuga impazzita, che chiedeva e pretendeva – era stato peggio di una delle dodici fatiche di erculea memoria, solo che Jean era arrivato al punto di sentirsi più come Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento. Non poteva continuar così, ecco perché alla fine si era trovato costretto a pronunciare quelle parole.

E Yuri aveva sollevato gli occhioni verdi verso di lui, smarrito, mentre stringeva i pugni, tacendo ostinatamente. Come al suo solito.
Non poteva chiedergli una cosa del genere. Non era proprio per niente giusto! Lui non era pronto. Vero che con quello strafottente dal sorrisetto oltremodo irritante sempre stampato in faccia stile paralisi aveva sperimentato tutta una gamma variegata di batticuori assurdi, a partire proprio da quello di quando si era reso conto che c’era qualcosa che decisamente non andava nel sussultare dello stomaco – e non solo – di quando i loro occhi si incrociavano. Ok, che gli piacessero i ragazzi, ormai era storia antica, era da un paio d’anni che ne aveva preso consapevolezza. Era stato una specie di trauma? Chissà … Non aveva avuto tempo per pensarci, troppo preso – già all’epoca – nel portarsi sul tetto del mondo dell’Olimpo del pattinaggio. Anche perché, in Russia, era davvero meglio non pensarci, a quelle cose.
E adesso … e adesso cosa gli stava chiedendo? Di iniziare una relazione vera e propria? Ma implicava tante di quelle cose! Tutte cose che, semplicemente, lo terrorizzavano. Aveva appena compiuto diciassette anni in definitiva. E, in quanto a relazioni amorose, era praticamente a quota pari zero. E loro due, beh … loro due, si poteva dire che uscissero insieme sì. JJ gli aveva fatto una corte spietata, e a mano a mano era diventato sempre più divertente rifiutare e smontare i suoi vari inviti, ma, alla fine, la sua chiassosa presenza aveva finito per essere qualcosa di coinvolgente e divertente, indubbiamente divertente. Si sentivano praticamente tutti i giorni, incasinandosi puntualmente con i fusi orari (colpa di JJ ovviamente!). Sì, si erano anche baciati. Ovviamente. E le prime volte non ci aveva praticamente dormito alla notte tanto aveva continuato a rivedersi la scena da mille angolature differenti.
Cercavano di riuscire ad incastrarsi tra i loro mille impegni di atleti – e la non indifferente distanza che li separava.
Quando, tre mesi prima, era stato in America per una borsa di studio, si era macinato i 789 km che separavano New York da Toronto – fregandosene altamente delle urla di Yakov mentre stava imbarcando la valigia – per poter stare insieme qualche giorno; premunendosi di avvisarlo solo nel momento in cui si trovava all’uscita del Lester B. Pearson International Airport, intimandogli di muovere il culo, perché cazzocazzo se si gelava anche nell’Ontario!
I genitori di JJ – altre sante persone dalla pazienza infinita alla stregua di Yakov, a star dietro a quelli che sarebbero potuti sembrare capricci di ragazzi – lo avevano accolto nella loro casa, regalandogli quel tepore di famiglia.

Avevano dormito insieme per la prima volta, ed era stato stranissimo attendere sotto le copertone che anche JJ si infilasse nel letto, con indosso una delle sue felpe che gli stava larghissima ma era un concentrato di morbidezza e calore.
Aveva scrutato guardingo ogni suo movimento mentre questi usciva dal piccolo bagno che aveva in camera, con i soli boxer addosso e una misera t-shirt che non lasciava spazio all’immaginazione e si era seduto ai piedi del letto, osservandolo mentre lui si infossava sempre più sotto, lasciando fuori dalla trapunta solo gli occhi, per poi scostarle, quelle coperte, e invitarlo a prender posto, col cuore che galoppava furiosamente. Così come galoppava nel momento in cui Jean l’aveva fatto scivolare sopra di sé, facendogli posare il capo sul suo petto e, meraviglia delle meraviglie, aveva sentito che anche il cuore di JJ martellava altrettanto furiosamente.
Inutile dire che aveva passato ogni gamma di rosso possibile e immaginabile, ma aveva tratto un piccolo sospiro, accoccolandosi meglio, poggiandogli una mano sul petto, in particolar modo nel momento in cui l’altro aveva iniziato a fargli i grattini dietro le orecchie.
- Non aspettarti che inizi a fare le fusa. – aveva proferito scontroso, anche se stava gradendo molto, facendolo ridacchiare, mentre intrecciava una gamba con la sua, godendosi il tepore che il corpo di JJ gli stava donando.
Era così emozionato e stranito, che non era stato in grado di prendere sonno se non molte ore dopo.
Ok, colpa anche del fatto che non è che fossero stati abbracciati e basta. Molto presto le mani avevano iniziato a vagare le une sul corpo dell’altro, curiose, con una sorta di necessità urgente. Titubanti le sue, più sicure, ma ugualmente delicate, quelle di Jean, le quali si erano fermante solo quando – spalmato sopra di lui, col fiatone, le labbra tumide e gonfie dai tanti baci, le guance arrossate, i capelli biondi tutti scompigliati, gli occhi lucidi – gli aveva mordicchiato leggermente il labbro inferiore, timido, segno che per lui era davvero troppo così, per poi posargli la testa sul petto e iniziare a seguire i contorni del tatuaggio sul braccio sinistro, mentre cercava di recuperar fiato.
A quella, erano susseguite le notti successive che lui, nell’intimo di sé, aveva atteso con un misto di frenesia ed eccitazione, con brividi lungo la schiena al solo pensiero. Sempre col timore che JJ si spingesse ogni sera un passo oltre. Ma JJ era stato un modello di virtù, anche se per quest’ultimo non era sempre stato semplice frenarsi sentendo i suoi mugolii strozzati e mal trattenuti, nonostante si trovassero in quella che era una sorta di dependance della casa dei genitori di Jean e quindi distante da orecchie e pareti indiscrete. Il salmodiare del suo nome, mentre gli tirava i capelli neri, inarcandosi sotto di lui, ogni volta che Jean lasciava la confort zone dell’ombelico e tentava di virare verso il basso.
- No  … no … no … - lo pregava, quasi piagnucolando, in preda ad un’eccitazione e piacere che non pensava che essere umano potesse provare.

E stavolta, invece, era toccato a JJ macinarsi chilometri. Per arrivare da lui, a San Pietroburgo.
E il suo ultimatum non era stato dettato dall’ennesimo rifiuto di Yuri di farci l’amore insieme.
No, non era per questo. Si poteva dire che JJ avesse i peggiori difetti del mondo, ma non che fosse un meschino. Se avesse solo voluto scoparselo, non gli sarebbe stato dietro per mesi in quel modo, ricoprendolo di ogni attenzione e sguardi ogni volta sempre più carichi di sentimento. Era perché era stanco che Yuri non si sbilanciasse mai sui suoi veri sentimenti, sul loro rapporto.

Ma Yuri era semplicemente terrorizzato dal turbinio di sentimenti che gli si agitavano dentro. E proprio come le antilopi quando hanno paura, rimaneva paralizzato. Non riusciva a venir fuori da quel subbuglio intricato e rumoroso.
Con chi avrebbe potuto parlarne?
Con Mila? L’avrebbe di sicuro preso in giro senza pietà!
Con quell’idiota di Victor? Men che meno!
Col nonno? Sehhh, tanto valeva gettarsi dalla rupe di Sparta.
Col Katsudon? Hummm, gli sembrava inetto quanto lui in quel genere di cose.
Poi, per fortuna, nella sua vita era apparso quel santo uomo di Otabek Altin, che era diventato il suo BFF, ma era stato comunque oltremodo imbarazzante. Tra che Beka si esprimeva a monosillabi e semplici annuimenti del capo, tra che lui biascicava una parola sì e l’altra anche, era stato una conversazione a dir poco epica. Ma che l’aveva fatto sentire un po’ più tranquillo, che non c’era davvero niente di sbagliato. Ma di qui a dire che era pronto per mettersi seriamente insieme a JJ …


Quand’è che Jean Jacques Leroy aveva iniziato a guardare Yuri Plisetsky con occhi diversi? All’incirca proprio sempre da quella famosa volta del podio dello Skate Canada. Ma al di fuori delle luci della ribalta.
Si trovavano al solito banquet finale di rito, al qualche anche un ascaro asociale come Yuri Plisetsky era costretto a presenziare, anche se ne stava ben in disparte da tutti gli altri, fuori nel terrazzo.
E JJ si era scoperto a ricercarlo tra la folla molto spesso, ma era stato nel momento in cui stava amabilmente chiacchierando con Emil, quando aveva scorto l’immagine di Yuri di profilo mentre si trovava al telefono, che il tempo si era fermato. Di colpo, tutto ciò che lo circondava era svanito, mentre era stato letteralmente risucchiato da un sorriso. Il sorriso che molto probabilmente neppure Yuri stesso si era reso conto di aver fatto mentre stava parlando con qualcuno all’altro capo del telefono. Era di una soavità, di una etericità …
Avrebbe tanto voluto che quel sorriso fosse dedicato a lui …
Si era trovato a deglutire, rapito, ricatapultato nella realtà solo dai richiami di Emil, che si era preoccupato per quel suo blackout.
- Tutto ok? Sei rosso in viso. – gli aveva chiesto il collega e lui si era portato una mano alle guance. Era davvero arrossito di fronte a quella visione? Non aveva saputo  darsi una risposta.
Ma quel sorriso aveva continuato a tormentarlo. Ogni giorno. A penetrargli nell’anima fino a germogliare. Si era ritrovato a pensare al giovane Plisetsky in continuazione, attendendo con ansia il momento in cui si sarebbero rivisti a Barcellona, per la finale del Grand Prix. Non aveva memoria di aver mai provato una sensazione simile.
Ciò che, invece, si ricordava perfettamente era che era stato emotivamente provante e devastante affrontar la cosa con Isabella e parlarne. E da lì era stato impossibile salvare l’insalvabile. D’altronde, come tutte le prime storie serie, anche JJ aveva pensato che quello con lei sarebbe stato l’amore della vita e mai, mai!, avrebbe pensato che il colpo di fulmine esistesse. Oh, andiamo! Non si trattava di qualche invenzione trashissima per ragazzine dagli occhi a forma di cuore? E, invece, siccome il Destino ha più fantasia di noi, ecco che JJ ne era stato bellamente beffato. E passato il periodo di elaborazione della fine della storia con Isabella, nel quale aveva cercato in tutti in tutti i modi di far chiarezza dentro di sé, ecco che aveva iniziato a circuir la sua preda.
Peccato che la preda fosse un tigrottino per niente circuibile e malleabile, per nulla sensibile al suo fascino. Ed era lì che era sorta una pazienza che Jean non sospettava minimamente di avere, che però, in ogni caso, l’aveva portato a mettere Yuri di fronte a quell’aut aut.
E la risposta era arrivata in quella corsa sfrenata all’aeroporto. In zona cesarini.
E la scena che ne era susseguita era stata da film.
JJ aveva lasciato cadere il borsone a terra e aveva iniziato a correre verso di lui, saltando con un agile balzo la transenna di ferro. Dal canto suo, anche Yuri aveva fatto altrettanto vedendo solo quelle braccia spalancate davanti a sé, dove si era tuffato, potendo finalmente lasciar sfogare le lacrime. Se fosse arrivato anche solo un secondo dopo  …
Le dita si erano artigliate sulla giacca del compagno.
- Micetto, è un sì? Vuoi che resti? – gli aveva chiesto, sollevandogli il viso verso il suo, mentre gli asciugava le lacrime agli angoli degli occhi con i pollici. Con tutto ciò che implicava quel restare.
Aveva annuito, Yuri, tra le lacrime.
- Sì … sì … – aveva continuato a sussurrare, solo a loro beneficio.
Yuri aveva deciso di fidarsi totalmente di Jean e di se stesso. Di mettersi in gioco.
E lui, era rimasto …




OGGI – 1 MARZO – SAN PIETROBURGO

Ora, tre anni dopo questo fatto, si poteva indubbiamente affermare con sicurezza che la loro vita insieme, dell’essere una coppia a tutta gli effetti, era indubbiamente cambiata da allora.
Certo, Yuri indossava ancora le felpe di JJ quando girava per casa, solo che adesso non gli stavano più larghe, ma gli calzavano a pennello perché l’aveva raggiunto in altezza e superato di qualche centimetro, sviluppando una muscolatura tonica e affusolata, che gli permetteva di aver ancora una flessibilità mostruosa. Solo che ora anche Yuri di notte dormiva praticamente solo con i boxer addosso, o meglio: lui anche se lo metteva il pigiama per andare a letto, ma aver quella specie di coperta umana che sviluppava calore perennemente avvinghiata addosso durante la notte non era decisamente la soluzione migliore per tentar di continuar a respirare. Senza contare che sempre tale coperta umana aveva le zampine curiose che si allungavano molto spesso e lo spogliavano in continuazione. Iniziavano con un malefico solletico sui fianchi che più di qualche volta aveva finito per procurar qualche testata a JJ per il riso convulso che scatenavano in Yuri.
Proprio come quella mattina, quando il biondo – che stava dormendo sul fianco sinistro, avvolto come sempre nella stretta delle braccia forti eppure così flessuose di JJ – si stava crogiolando ancora per un istante in quell’abbraccio, nel momento in cui Minù saltò sul letto di fronte a lui, a reclamar cibo.
Alla fine, non potendo stare separati più di tanto, avevano finito per raggiungere il compromesso di vivere sei mesi in Canada e sei mesi in Russia, almeno per il momento, affittando dei piccoli appartamenti.
- Buongiorno principessa – sussurrò carezzandogli il mento, dopo aver affondato il volto e il naso in quel pelo morbido, godendosi il rumore delle fusa della gattina.
Si mise seduto con un enorme sbadiglio, stiracchiandosi appena e socchiudendo gli occhi quando si sentì afferrare delicatamente per un polso e finir nuovamente disteso supino a fissar due gemme blu screziate di ardesia che lo fissavano ridente.
- Oggi è forse il compleanno di qualcuno? Il ventesimo compleanno di qualcuno? –
- No, di nessuno! – fu la sua risposta sbuffata, mentre soffiava anche per scostarsi un ciuffo ribelle che arrivava a solleticargli appena la punta del naso.
Indubbiamente invidiava a JJ la capacità di aver dell’energia spendibile fin dall’istante in cui apriva gli occhi, mentre lui vagava in uno stato comatoso per all’incirca la mezzora successiva in cui metteva – o tentava – di metter piede giù dal letto.
- Come? Non ho sentito bene … - ridacchiò l’altro imperterrito, mentre gli accarezzava il fianco destro lungo il passaggio della mano che stava andando a ricercar la sua e poi farle scivolare entrambe sopra la zazzera dorata di Yuri, poggiandole sul cuscino, e avvicinando il volto al suo.
- Hum … - le labbra del festeggiato si stesero in un piccolo sorriso, mentre la mano libera si aggrappò bisognosa alla spalla del suo compagno, per poi scivolare lentamente giù, lungo quella schiena perfettamente scolpita, mentre iniziò a rispondere al bacio con altrettanta dedizione e trasporto.
Ma Minù non era indubbiamente rapita da quel quadretto idilliaco. Salì sul cuscino, allungando una zampa fino alla fronte di JJ, come a volerlo allontanare dal suo adorato padroncino.
Schiusero gli occhi in contemporanea. Jean quando sentì il peso dei cuscinetti aderire sulla propria pelle, Yuri quando sentì che l’altro aveva interrotto il bacio. Ancora con le labbra poggiate le une sulle altre, sollevarono gli occhi sulla gattina che li fissava di rimando.
- Ah … ehm … scusa … - si sentì in dovere di scusarsi il biondo, anche se dovette trattenere a fatica le risate.
- Sei tu che me la aizzi contro, dì la verità. – scherzò JJ, iniziando a carezzargli il dorso della mano con il pollice nel momento in cui Minù saltò elegantemente giù dal letto.
Rimasero per un secondo a fissarsi negli occhi, prima che Jean interrompesse il silenzio, in modo del tutto casuale, dopo essersi sporto per un secondo di lato.
- Dimmi un po’, Yuri, qual è il tuo cognome? –
- Hah? Ti ha dato di volta il cervello? – si alterò, sentendo la ben nota venetta in centro fronte iniziare a pulsare – Sempre Plisetsky. Non è cambiato da quando ci siamo conosciuti. – rispose tuttavia, incuriosito dal vedere dove l’altro volesse andare a parare. Sicuramente qualche battuta scema, pensò Yuri, di quelle che facevano ridere solo lui e basta.
- Forse … - continuò l’altro, staccando per un secondo le dita dalle sue -  ... sarebbe ora di cambiarlo, che dici? – sussurrò.
E fu in quel momento che Yuri sentì qualcosa scivolargli sull’anulare destro.
Portò repentinamente l’attenzione degli occhi color acquamarina verso la propria mano, attonito.
- Tu … razza di i-idiota … - balbettò, vedendo una fedina in ora bianco far bella mostra di sé sul suo dito.
- I-i-idiota … - ripeté, col cervello completamente fuso e le guance in fiamme, mentre si mordicchiava il labbro inferiore e le lacrime andavano a pizzicargli appena gli angoli degli occhi.
Ecco una delle cose che JJ semplicemente adorava di Yuri. Di come arrossisse in quel modo nel momento in cui si imbarazzava.
- Sì, ti amo anch’io. – scherzò – E prego non c’è di che. –
- Coglione! – aumentò la tiratura dell’insulto, sempre con le lacrime agli occhi, ma sorridendo felice mentre lo abbracciava, stringendolo forte a sé, perché si sentiva al sicuro in quella stretta calda e protettiva, sentiva che non gli poteva succedere nulla di brutto con quell’idiota di JJ al suo fianco. Il suo idiota.
JJ si sentì bagnare il petto dalle calde lacrime dell’altro, prima che questi sollevasse nuovamente il volto e finalmente quel sorriso, che aveva rapito tutta la sua attenzione anni prima, era rivolto a lui.
- Ti amo … - miagolò appena Yuri, sollevando il capo fino ad appoggiar la fronte sulla sua.
- Wow, finalmente posso contarle su una mano intera. Le volte in cui me l’hai detto in questi anni. -
- Idiota! Come fai a fare l’idiota anche nel momento in cui mi hai appena chiesto di sposar-hum … - le guance si imporporarono di nuovo e lo spinse via per il petto, mettendosi a sedere e recuperando la felpa rossa – di JJ ovviamente – ai piedi del letto, dove era stata malamente gettata la sera prima durante la foga.
- Vado a dar da mangiare a Minù. – brontolò nel momento in cui la zazzera dorata sbucò dal collo della maglia, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Ma come, non mi merito la scopata del secolo dopo la mia proposta di matrimonio del secolo? – scherzò, scoppiando nella sua risata squillante, dopo essersi disteso supino, mentre Yuri gli mostrava – elegantemente – il dito medio uscendo dalla stanza.
- Non mi sembra di aver detto di sì. – replicò maligno dal corridoio, mentre – sicuro di non essere visto – portò l’attenzione degli occhi sull’anello e di nuovo sentì un batticuore assurdo. Cacciò un urlo silenzioso di felicità, dovendosi far aria con una mano mentre saltellava sul posto un paio di volte, prima di ridarsi un contegno.
- Così mi spezzi il cuore, Yuri Plisetsky! –
- Seh … seh … - ridacchiò, nel momento in cui raccolse da terra Minù e se la strinse al petto, baciandone la testolina mentre si dirigeva a passo strascicato verso la cucina.


- Ehi, ma che fai? – Yuri si sentì sollevare nel momento in cui si allungava verso lo scafale più alto della cucina, per recuperare la confezione di corn flaskes.
- J, ormai ci arrivo. – ridacchiò, non opponendo nessuna resistenza tuttavia, sorprendendosi – come ogni volta – con quanta facilità Jean lo sollevasse. Si lasciò morbidamente cadere tra le sue braccia, allacciandogli le mani sulla nuca rasata, posandogli un piccolo bacio sulla punta del naso, mentre l’altro pensava bene di farlo volteggiare.
- Jean, dovremmo andare in Canada. – proferì, con un piccolo sorriso amaro, mentre si perdeva nei suoi occhi.
- Hum? –
- Per sposarci intendo, dovremo farlo in Canada. – ripeté, nel momento in cui lo depose sulla sedia.
- Mi dispiace … - sussurrò appena JJ, carezzandogli una mano dopo averla posata sulla sua.
- Non importa – scrollò le spalle – Casa, è dove ci sei tu, per me. –
- Allora mi sposi. – e la sua non era una domanda.
- Forse. Un giorno … - gli fece una piccola linguaccia, mentre l’altro era intento a versare il latte nella ciotolina di Minù e attendere che la gattina saltasse sul tavolo. Cosa che il felino fece immediatamente, strusciando il fianco sul braccio tatuato di JJ in segno di ringraziamento.
- Vedi che ti vuole bene? – mormorò Yuri, portandosi la tazza alle labbra, allungando l’altra mano ad accarezzare la coda pelosa.
- Hum … è stata dura. Proprio come con te. Non è una diceria che gli animali assomiglino ai padroni. Ah, in questo caso, sei tu l’animale. – sentenziò l’altro mentre si sporgeva verso di lui e posargli un piccolo bacio a fior di labbra, per poi acciambellarsi per bene sulla sedia e versarsi il caffè in tazza.
Se c’era una cosa che JJ aveva imparato dei sei mesi in cui era stato in Erasmus in Italia durante il periodo universitario, era stato prepararsi il caffè nel modo corretto e Yuri sapeva come JJ adorasse assaporarsi l’aroma del liquido nero fumante nel momento in cui se lo versava in tazza.
Conosceva questo suo rito e lo osservava in silenzio, almeno fino a quando – mentre lui stava sorseggiando la sua cioccolata fumante – JJ non se ne uscì con un: Pensavo di farmi un altro tatuaggio.
Al biondo andò letteralmente di traverso la cioccolata.
Jean appoggiò una mano sul mento fissando il suo compagno con sguardo divertito e assonnato, segno inequivocabile della notte di fuoco appena passata.
- E dove scusa? Hai ancora qualche parte del corpo libera? – gli chiese sarcastico inarcando un sopracciglio.
- A parte i segni che mi ha lasciato tu stanotte? – fu la replica imperturbabile e altrettanto sardonica del canadese che si portò istintivamente una mano sulla spalla destra a sfiorarsi i graffi di cui Yuri gli aveva fatto “gentile” dono quella notte. Uno dei tanti.
E il biondo si mosse a disagio sullo sgabello, perché immaginava perfettamente a cosa l’altro stesse pensando in quel momento.
A quando, la notte appena passata, rimanendo affascinato da uno dei tatuaggi che si erano andati a sommare a quelli che JJ già aveva quando si erano conosciuti, Yuri aveva iniziato a percorrere quello che aveva sul fianco con le labbra e la lingua, alternando baci a piccoli morsi.
E il festeggiato si ricordava perfettamente di aver sollevato gli occhi verso quelli dell’altro giusto quell’attimo prima in cui il tatuaggio di Jean virava verso l’inguine, frenando per un attimo la sua corsa verso il basso per poi continuare a seguire con la punta della lingua il contorno del disegno, non smettendo di fissarlo negli occhi mentre JJ, inerme sotto di lui, non aveva potuto far altro che iniziare a mordicchiarsi il labbro inferiore, socchiudendo gli occhi a invitarlo a proseguire.
Yuri dovette schiudere le labbra per riprendere fiato, arrossendo nuovamente al ricordo.
Piegò le labbra, Jean, in un sorrisetto sghembo che non prometteva niente di buono prima di sporgersi verso di lui a rubargli un bacio a fior di labbra, per poi prenderlo per mano e invitarlo ad avvicinarsi a lui, facendo sedere a cavalcioni su di sé.
Yuri ridacchiò nel momento in cui le mani di Jean si intrufolarono sotto la felpa per togliergliela, facendogli il solletico e si sistemò meglio sopra di lui nel momento in cui l’altro rafforzò la presa sui suoi fianchi per poi scivolare sul sedere ed infine ritornare sulle sue cosce toniche.
JJ approfittò della posizione per catturargli la bocca con la sua, iniziando a stuzzicarlo, leccandogli e mordicchiandogli il labbro inferiore. Yuri si lasciò andare, abbandonandosi contro di lui e aprendo leggermente la bocca per permettere che la punta della lingua di Jean giocasse con la sua, facendolo eccitare al leggero contatto, pensando bene di emettere un gemito che fece andare a fuoco il sangue dell’altro. Avvertì la presa ritornare sul sedere e farsi salda nel momento in cui si sentì sollevare e trasportare altrove, mentre le labbra affamate di Jean continuavano a divorargli la bocca di baci, anche nel momento in cui lo adagiò con delicatezza sul divano.
Sentì JJ adagiarsi completamente sopra di lui, avvertì chiaramente la sua erezione, attraverso i boxer, premergli contro il corpo. E sentì che con la mano libera gli stava abbassando i suoi boxer tigrati, iniziando ad accarezzargli sensualmente l’inguine. Quell’inguine che portava ora a sua volta uno dei tatuaggi che anche Yurio, appena divenuto maggiorenne, aveva iniziato a farsi.
Mentre le labbra di Jean avevano iniziato a succhiargli il collo, la mano che lo stava accarezzando si insinuò sotto ai suoi glutei; avvertì due dita che scorrevano lungo il solco, fino a raggiungere la piccola apertura che stavano cercando, cominciando ad accarezzarla con dolcezza e venerazione.
Il desiderio straripò in Yuri, che si inarcò contro il compagno, gemendo forte; circondandogli con le braccia le spalle, stringendosi contro quel corpo che lo stava facendo andare letteralmente a fuoco, iniziando a muovere il bacino incontro a quello di Jean che lo assecondò, muovendo i fianchi che si spinsero decisi contro i suoi, sentendolo gemere nel suo orecchio. Almeno fino a quando non si staccò e le sue labbra bollenti iniziarono a percorrere ogni centimetro del suo corpo, sempre più in basso.
Con delicatezza, una delle dita che lo stava stuzzicando iniziò a penetrarlo. Talmente preso dall’estasi, neanche si era reso conto, Yuri, che JJ aveva recuperato la boccettina di lubrificante che si trovava là dalla sera prima, e si era versato parte di quel liquido tra le dita. Sussultò, ma allo stesso tempo le labbra di Jean posarono un bacio lieve sulla sua erezione pulsante e il dito si spinse più in profondità, per poi cominciare a muoversi.
Yuri – ora orfano del corpo del compagno – non poté far altro che aggrapparsi con una mano al bracciolo del divano dietro di sé, mentre l’altra mano si insinuò tra i capelli di Jean nel momento in cui questi schiuse le labbra intorno a lui, inghiottendolo improvvisamente.
Lanciò un grido quando quelle labbra morbide cominciarono a muoversi su e giù, e lui non poté far altro che assecondarne i movimenti con i fianchi, lentamente, mentre JJ, con dolcezza, inserì un altro dito dentro di lui.
Piegò appena il volto di lato, per poterlo guardare, tirandogli appena i capelli, per invitarlo a fare altrettanto. Aveva troppo bisogno di aggrapparsi anche ai suoi occhi, di sentire che JJ c’era, che era lì con lui e per lui, e fu proprio per una sorta di senso di abbandono, che si lasciò sfuggire un piccolo lamento di protesta nel momento in cui quelle labbra e quelle dita, che si stavano prendendo cura di lui, lo lasciarono.
- Tranquillo cucciolo, non scappo. Sono qui. Per te … – lo rassicurò Jean, carezzandogli i capelli dopo essersi liberato della maglia e i boxer, abbassandosi per posargli un tenero bacio sulle labbra nel momento in cui si posizionò tra le sue gambe, continuando poi a posargli piccoli bacini sul viso, mentre recuperava nuovamente il lubrificante.
- Lascia fare a me. - bisbigliò, sollevando il busto, mentre versava il liquido sull’erezione pulsante di JJ, iniziando poi a distribuirla per tutta la lunghezza, guardandolo dritto negli occhi, non perdendosi neanche un battito di ciglia del suo compagno, che spinse indietro la testa, ansimando leggermente a quei tocchi.
- Yuri … - un lungo ansito appena sussurrato, mentre lo spingeva delicatamente verso il basso, per farlo distendere e sovrastarlo. Allacciandogli le gambe sulla schiena, si aggrappò nuovamente alle spalle del suo compagno, osservando l’anello che gli aveva donato Jean brillare nel suo dito di luce propria, avvertendolo entrare poco a poco dentro di lui, il solito piccolo dolore iniziale sostituito immediatamente da un'ondata di calore quando l’altro si mosse piano.
- J, amore … muoviti più ... in fretta … ti prego … - ansimò.
- Ai tuoi ordini, amore mio. – fu la replica, sussurrata tra il serio e il faceto, velocizzando i suoi movimenti e venendo ripagato dai suoni estasiati che uscivano dalla gola di Yuri, che gli rispose con un suono indistinto di evidente piacere, cominciando ad assecondare le sue spinte e a baciarlo famelicamente. Semplicemente adorava soccombere alle spinte vigorose e ben assestate di Jean.


Dopo qualche secondo, Yuri iniziò ad udire distintamente anche i gemiti di Jean, che si muoveva su di lui sempre più in fretta ed ora aveva insinuato una mano tra i loro corpi per accarezzare la sua erezione.

Sentì i loro gemiti unirsi, 


un attimo prima di avvertire tutto il corpo tendersi come una corda di violino e raggiungere un orgasmo di intensità assurda, sommerso da un mare di brividi. Dopo un altro paio di spinte ben assestate, le braccia muscolose di Jean lo strinsero forte e le sue labbra gli si appoggiarono contro il collo a soffocare un grido, mentre si scioglieva dentro di lui. 

Rimasero così, abbracciati, ancora per qualche istante, fino a quando JJ lo baciò sulla fronte, sollevandosi da lui e invertendo agilmente le posizioni, in modo da farlo adagiare sul suo petto, affondando una mano tra i setosi capelli biondi e accarezzandogli la schiena con l'altra, continuando a coccolarlo.
Yuri alzò la mano destra sopra di sé, rimirando nuovamente la fedina immacolata, sorridendo nuovamente tutto contento, e incredulo, strofinando il musetto sul collo del suo amato.
- Ti piace? – chiese questi.
- Hum-hum. – rispose quasi timidamente, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo, prendendogli la mano e iniziando a seguirne il profilo di ogni dito, soffermandosi proprio sull’anulare.
- C’è il suo corrispettivo? – domandò il biondo.
- Cioè l’anello che spetterebbe a me? - sussurrò, posandogli un bacio tra i capelli, mentre Yuri alzava il volto verso di lui, in una muta richiesta.
- Vuoi mettermelo? – chiese JJ e il biondo sollevò il busto puntellandosi sul gomito annuendo solamente, solenne.
E dire che lui, tutto quel genere di cose, le aveva sempre considerate smancerie da coma diabetico, ma ora – con JJ – assumevano tutto un altro significato. A cominciare da tutto ciò che avevano dovuto affrontare insieme nel momento in cui avevano fatto outing come coppia. E per due personaggi mediatici quali erano entrambi, non era stato propriamente semplice. Fosse solo per il fatto che, sulla pista di pattinaggio, si trovavano avversari. Quando uno dei due aveva qualche calo, immediatamente il dito veniva puntato contro l’altro e viceversa. Ma col tempo tutto si era stabilizzato.
Ecco perché, ora, con quella fedina tra le dita tremanti, Yuri impresse di significato e tutto il suo amore, la lenta discesa sull’anulare di Jean.
Non era ancora bravo ad esprimere con le parole i suoi sentimenti verso qualcuno. Aveva sempre avuto un modo tutto suo di dimostrarlo, semplicemente non lo dimostrava; anche se qualcosa gli piaceva e gli dava gioia, non riusciva a dimostrarlo. Era come se non fosse in grado di trasformar ciò che sentiva dentro in parole, e col tempo anche i gesti d’affetto avevano subito la stessa fine, ma da quando JJ era entrano prepotentemente nella sua vita, piano piano quella roccaforte di ferro era stata via via scardinata.
- Cucciolo … stai piangendo … - costatò Jean con tono dolce.
- Hum … - riportò lo sguardo su di lui, tirando appena su col naso, incurante dello spettacolo comico che doveva sicuramente offrir in quel momento. Col mocciolo sul naso e gli occhi gonfi.
Ma a JJ non era mai parso più bello come in quel momento.
- Vieni qui! – se lo attirò nuovamente al petto, per poi continuare a parlare. - Allora tigrottino, è o non è il miglior compleanno di sempre grazie al JJ’s Style? –
- Non ricominciare! – lo ammonì, mordicchiandogli una spalla – Cos’è, vuoi forse che ti dica che tu sei il regalo più bello che la vita potesse donarmi? – continuò a sbeffeggiarlo.
- Hum, sì qualcosa del genere. – stette allo scherzo.
- Megalomane come sempre. Meriteresti proprio di essere punito. – gli pizzicò giocosamente un fianco.
- Ohh, sììì! Yuratcha, che idee pervertite hai in mente? – partì all’assalto con il solletico.
- Muori! –
E, sì: quello era indubbiamente uno dei suoi migliori compleanni di sempre.



FINE

Nota tecnica seria: il riferimento che JJ fa sul cognome di Yurio e che sarebbe ora di cambiarlo, mi è stato ispirato da una fanart, della quale purtroppo non ho i credits a cui potervi rimandare.



E se con questo parto della mia mente malata, son riuscita a farvi amare un pochino di più la Pliroy, me pimpa felice ^^


Clau


* un semplice sorriso